Previdenza Ingegneri e Architetti dipendenti iscritti all’albo: la recente cassazione non convince, la questione è ancora aperta

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Architetti e Ingegneri hanno l’obbligo di iscriversi ad Inarcassa nel caso in cui siano iscritti all’Ordine professionale, possiedano una partita IVA (individuale, di associazione o di società di professionisti) e non siano assoggettati ad un’altra forma di previdenza obbligatoria (3 condizioni da verificare contemporaneamente).

Questo è il caso più semplice previsto dalla normativa italiana in vigore per architetti e ingegneri che svolgono in via esclusiva attività libero professionale. Ma cosa accade nel caso di lavoratori dipendenti che svolgono anche un’attività libero professionale?L’argomento è certamente molto complicato ed è stato recentemente affrontato dalla Suprema Corte di Cassazione con due sentenze (n. 30344 e 30345 del 18 dicembre 2017) che, se da una parte sembra abbiano scoperto “l’acqua calda”, dall’altra hanno evidenziato delle criticità che non mi hanno convinto.

Per questo motivo ho chiesto delucidazioni al delegato Inarcassa nonché Presidente dell’Associazione “Inarcassa Insostenibile” Marco Lombardini che, per dirimere ogni dubbio, ha contattato l’Avv. Chiara Mestichelli, fondatrice e socia dello studio legale Baiocchi Mestichelli Avvocati (www.studiolegalebm.com), che, nell’ambito del diritto previdenziale, ha dato vita a un orientamento giurisprudenziale innovativo nella difesa di architetti e ingegneri in controversia contro Inps Gestione Separata.

Riportiamo di seguito le domande di Marco Lombardini e le risposte dell’Avv. Chiara Mestichelli.

Marco Lombardini (ML): Un architetto o ingegnere, lavoratore dipendente, che svolge anche attività di libero professionista, quali obblighi previdenziali ha?

Chiara Mestichelli (CM): La risposta è agevole. Occorre prima doverosamente ricordare:

  • che, ai sensi dell’art.38 Cost., la previdenza obbligatoria, quella che cioè assicura l’IVS (Invalidità, Vecchiaia e Superstiti), è un diritto che lo Stato deve garantire, a fronte del quale il cittadino è tenuto – correlativamente – a contribuire, versando quanto richiesto dall’Ente di competenza, nell’ambito di un rapporto di natura assicurativa e sinallagmatica (corte Cost. sent.167/1986, 173/1986 e 202/2006, in linea con la posizione della Suprema Corte sent.4146/1990);
  • che è la tipologia di attività lavorativa in concreto svolta l’elemento in relazione al quale va individuato l’Ente previdenzialmente competente e il regime previdenziale applicabile in ciascun caso specifico (art.2 comma 25 e 26 L.335/95; art.18 comma 12 DL 98/2011), nel rispetto del principio di autonomia degli Enti previdenziali (art.1 L.1046/1971; artt.1 e 2 L.509/1994; art.2 comma 25 L. 335/95; art.3 D. Lgs. 103/1996; Cass. SU 3240/2010).

Così ricostruito il sistema normativo vigente in tema di previdenza obbligatoria, con riferimento al soggetto che svolga attività di lavoro dipendente, pubblico o privato che sia, e che contestualmente svolga attività libero professionale con iscrizione ad albo di Ingegnere o architetto, in relazione alle due attività svolte la normativa specificamente vigente per le due attività prevede i seguenti obblighi:

  • in relazione alla attività di lavoro dipendente, è competente il Fondo Inps dipendenti di specifico interesse (Gestione ex Inpdap ovvero Gestione dipendenti), presso cui il lavoratore versa la contribuzione previdenziale obbligatoria che dà diritto a ricevere l’IVS;
  • in relazione alla attività di architetto/ingegnere contestualmente svolta, la quale è attività libero professionale per la quale è richiesta l’iscrizione ad Albo, è competente in via esclusiva a dettare la disciplina previdenziale l’Ente previdenziale di diritto Privato cui l’Ente esponenziale, a livello nazionale, dell’Albo cui il libero Professionista è iscritto (CNI ovvero CNAPPC) ha scelto di affidare la disciplina e la gestione della previdenza dei propri iscritti: nel caso degli Ingegneri e Architetti, si tratta di Inarcassa.

Ciò è quanto espressamente prevede il comma 25 dell’art.2 L.335/95 – istitutiva appunto della GS Inps al successivo e ultimo comma 26.

E detta opzione è stata confermata:

  • dallo stesso legislatore attuativo della delega governativa conferita dall’art.2 comma 25 L.335/95 e segnatamente dall’art.3 del D. Lgs. 103/1996;
  • dalla norma di interpretazione autentica dell’art.2 comma 26 L. 335/95 – e cioè l’art.18 comma 12 del DL98/2011 – il quale (i) ha espressamente escluso dalla GS Inps coloro che svolgono attività per la quale è richiesta l’iscrizione a un albo ovvero coloro che versano all’Ente di diritto privato di competenza quanto lo stesso richiede in base a proprie scelte ordinistiche interne e (ii) ha fatto espressamente salvo il disposto dell’art.3 lettt.d) D. Lgs. 103 cit.

Tale disciplina si coordina appieno con la disciplina vigente all’interno dell’ordinamento Inarcassa (art.21 L. 6/81 e art.7 St. Inarcassa) la quale, nel legittimo esercizio della autonomia ordinamentale interna su citata, ha previsto espressamente che, per il caso in cui l’iscritto all’Albo sia già titolare di posizione previdenziale obbligatoria presso altro Fondo, esso professionista versi a essa Cassa unicamente il contributo integrativo, e cioè la contribuzione obbligatoria che essa Cassa, nell’esercizio della sua autonomia ordinamentale e sulla base di proprie scelte gestionali insindacabili (v. D. Lgs. 103/96) quantomeno “finché non ci sarà una uniformizzazione dei sistemi” (SU 3240/2010), ha deciso di richiedere ai propri iscritti o comunque ai soggetti che essa Cassa disciplina, non potendo certamente, Inarcassa, pretendere alcunché da soggetti estranei al proprio ordinamento previdenziale.

Quindi e rispondendo al quesito, il lavoratore dipendente che svolga, al contempo, anche attività di libero professionista non ha alcun obbligo di iscriversi alla Gestione Separata Inps, avendo presso il Fondo Inps la posizione previdenziale obbligatoria di base che consente allo Stato di garantirgli il diritto all’IVS costituzionalmente protetto e adempiendo presso Inarcassa agli obblighi di versamento che la sua cassa gli chiede di assolvere, e cioè il versamento del contributo integrativo.

Non esiste alcun altro Fondo che possa legittimamente pretendere alcunché da detto soggetto.

ML: Ad oggi la quasi totalità delle sentenze, in primo e secondo grado, ha dato ragione a quegli architetti e ingegneri che hanno richiesto di vedere assolti i propri obblighi contributivi tramite il solo versamento del contributo integrativo a Inarcassa, a fianco alla contribuzione previdenziale obbligatoria versata presso altro Fondo Inps. Quali sono i principi che hanno spinto i giudici a pronunciarsi in questo senso?

CM: La giurisprudenza di merito di I e II grado chiamata a decidere la questione si è graniticamente pronunciata nel senso sopra detto.

Esistono più di 180 sentenze di merito, di cui molte di secondo grado emesse da tutte le Corti d’appello Italiane adite, i cui numerosi giudici (in Corte d’appello ce ne sono addirittura 3) hanno tutti conformemente statuito che l’Ingegnere/architetto libero professionista iscritto a un albo che svolga attività libero professionale, contestualmente ad altra attività lavorativa per la quale è già titolare di posizione IVS, non deve iscriversi a GS Inps (i) in primis perché svolge attività per la quale è richiesta l’iscrizione ad Albo professionale, (ii) inoltre, perché già versa a Inarcassa quanto quest’ultima gli chiede, in qualità di suo iscritto ovvero di soggetto da essa comunque disciplinato previdenzialmente per scelta espressa dell’Ente esponenziale dell’Albo a cui è iscritto (CNI/CNA). E i due requisiti sono stati ritenuti – correttamente – alternativi e non cumulativi, di tal chè già basta la ricorrenza del primo per ritenere il professionista esentato dall’obbligo di iscrizione a GS Inps. (iii) Infine perché, essendo già munito di posizione previdenziale obbligatoria, non ricorre la funzione residuale che caratterizza la ratio istitutiva della GS Inps, istituita appunto dal comma 26 dell’art.2 L.335/96 per dare tutela previdenziale di base (IVS) a quei lavoratori autonomi (che dunque sono ben diversi dai liberi professionisti iscritti ad albi, trattati infatti dal precedente comma 25) che sono privi tout court di alcuna forma di previdenza (la quale, si ricorda è un diritto costituzionale e non un obbligo) in quanto, non avendo un Albo di iscrizione, non hanno un ente esponenziale nazionale che possa scegliere per loro a quale cassa privata affidare la propria disciplina previdenziale.

In tal senso, si è costantemente espressa anche la Cassazione la quale, quantomeno fino alla “sentenza Cavallaro”, ha sempre confermato tali principi.

Del resto, il tenore letterale della norma di interpretazione autentica ha fedelmente tradotto in termini normativi quella che era la ratio legis ispirativa, fatta propria dall’organo esecutivo in sede di adozione del DL 98/2011 e successivamente esposta al Parlamento in occasione della conversione in legge.

Segnatamente, come si evince dalla Relazione Parlamentare al Disegno di Legge 2814 del 2011, il Governo proponente, con riferimento al comma 12 dell’art.18 cit., illustra espressamente la finalità e l’intenzione che ha inteso raggiungere nei seguenti termini: “la norma in esame intende quindi offrire una soluzione alla questione, da una parte, imponendo per il futuro l’obbligo per i citati Enti previdenziali di diritto privato di prevedere negli statuti e nei regolamenti l’obbligatorietà dell’iscrizione e della contribuzione in tutti i casi di svolgimento dell’attività professionale (ossia anche una volta maturato il diritto al trattamento pensionistico) e, dall’altra, precisando che sono soggetti all’iscrizione presso la Gestione Separata Inps coloro che svolgono attività il cui esercizio non è  subordinato alla iscrizione ad appositi albi o elenchi, salvo diversa previsione legislativa” (pag.19 della proposta).

Identica previsione si rinviene, poi, anche nella parte “Relazione Tecnica” (pag.99) della medesima Relazione governativa [“la norma in esame intende quindi offrire una soluzione alla questione, da una parte, imponendo per il futuro l’obbligo per i citati Enti previdenziali di diritto privato di prevedere negli statuti e nei regolamenti l’obbligatorietà dell’iscrizione e della contribuzione in tutti i casi di svolgimento dell’attività professionale (ossia anche una volta maturato il diritto al trattamento pensionistico) e, dall’altra, precisando che sono soggetti all’iscrizione presso la Gestione Separata Inps coloro che svolgono attività il cui esercizio non è subordinato alla iscrizione ad appositi albi o elenchi, salvo diversa previsione legislativa”].

Quindi: ne risulta confermata sia l’estraneità dei liberi professionisti iscritti ad albi dalla gestione separata, sia la natura residuale – e non universale! – della iscrizione alla Gestione separata, rivolta unicamente a coloro per i quali non era stato individuato un ente previdenziale deputato a  disciplinarne la previdenza.

Detta impostazione ha trovato piena conferma nella giurisprudenza della cassazione anche nell’occasione in cui ha ribadito i principi, fondamentali in materia, di esclusività e unicità della posizione previdenziale relativa a ciascuna tipologia di attività (Cass. 4982/2014; 9076/2013), nel senso che l’iscrizione a una gestione previdenziale esclude l’obbligo di contribuzione ad altro fondo per la stessa attività, come già espresso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (S.U. sent.3240/2010).

ML: La Cassazione 30344 e 30345 del 2017 ha invece ribaltato questi assunti. Come mai e quale scenario si delinea adesso e per il futuro?

CM: La Cassazione del dicembre 2017 non ribalta questi assunti, ma li ignora completamente.

Nel senso  che le sentenze di Cassazione qui citate lasciano del tutto impregiudicate le questioni giuridiche fondamentali in materia, trascurano del tutto la normativa vigente sul punto e, in virtù di tale omessa considerazione, si spingono nella elaborazione sostitutiva di principi del tutto inattinenti con quelli stabiliti, in materia, dalla legge, oltre che non formulati dalle parti di causa nei rispettivi atti.

Dette sentenze, dunque, non possono essere ritenute decisive nel caso di specie.

Sia perché non sono pronunciate secondo diritto, ma in adesione letterale alle tesi di Inps, le quali sono già state analiticamente confutate e motivatamente non condivise da tutta la magistratura di merito che si è trovata a esaminarle;

Sia perché risultano pronunciate su ricorsi per cassazione articolati in scarni e non decisivi motivi, e dunque impossibilitate a consentire, al giudice di cassazione, una completa valutazione di legittimità della fattispecie che occupa.

Sia perché, conseguentemente, le stesse lasciano del tutto impregiudicate numerose e fondamentali questioni effettivamente rilevanti nel caso di specie, e già dedotte; e di dette questioni la Suprema Corte sarà presto chiamata a dare conto, quando esaminerà i numerosi ricorsi in cassazione promossi da altri liberi professionisti ancora tutti in attesa di fissazione.

Sia perché, nella statuizione finale cui dette sentenze pervengono (obbligo di iscriversi alla GS INPS per l’Ingegnere/Architetto che svolga attività professionale “protetta” e che su detta attività versi a Inarcassa unicamente il contributo integrativo qualificato come un tributo fiscale), entrano in contrasto con previsioni di legge (art.2 comma 25 L.335 cit.) e con l’orientamento consolidato della Suprema Corte sulle questioni sopra citate, secondo cui i professionisti strictu sensu non vanno in GS Inps e con riferimento all’attività libero professionale tutti debbono versare alla cassa propria della categoria e dell’Albo.

Sia perché, laddove qualificano l’obbligo di iscrizione alla GS Inps come un obbligo impositivo nascente dal mero fatto di produrre un reddito, contengono statuizioni in contrasto coi principi costituzionali stabiliti dall’art.38 Cost. e ribaditi dalla Corte Cost. in numerose pronunce che appunto hanno espressamente escluso la natura impositiva della contribuzione, e ribadito la funzione corrispettiva-sinallagmatica della contribuzione e la natura assicurativa del rapporto previdenziale.

Sia perché dette sentenze invocano una sentenza di SU (3240/2010), che è stata emessa con riferimento a fattispecie del tutto diversa da quella che occupa (amministratore di società che sia anche socio lavoratore nella stessa azienda), e che, soprattutto, viene citata in modo parziale e inesatto, tanto da mutarne la portata decisoria.

Sia perché le sentenze suddette contengono statuizioni contraddittorie laddove infatti, contestualmente all’obbligo di iscrizione alla GS Inps del libero professionista iscritto ad albo, ribadiscono principi con esso contrastanti, quali il principio di autonomia degli Enti di diritto privato e quello per  cui l’iscrizione alla  GS Inps  dei liberi professionisti  può essere deliberata  unicamente dall’Ente esponenziale di categoria, nell’autonomia sovrana delle proprie scelte (art.3 comma 1 lett.d D. Lgs.103/1996).

Per il futuro si prospetta quanto segue: i giudici di merito, in parte, stanno aderendo alle sentenze Cavallaro, limitandosi a trascrivere letteralmente il testo di dette pronunce e a trarne le conseguenze processuali, ma senza dare alcuna motivazione di tale adesione.

Una parte della magistratura di merito, invece, sta ritenendo la Cassazione Cavallaro non convincente, per cui expressis verbis se ne sta – coraggiosamente – discostando, continuando motivatamente ad affermare l’inesistenza di alcun obbligo di iscrizione alla GS Inps per i professionisti che siano iscritti ad Albo e che siano al contempo titolari di altra posizione previdenziale obbligatoria (cfr. ex multis: Trib. Roma sez. Lav. sent. n. 14258/2017; Trib. Siracusa sent. n. 138/2018 del 12.02.2018; Trib. Roma Sez. Lav. sent. n. 104/2018 del 11.01.2018; Trib. Velletri n.484/2018)

In un tale quadro appare ormai inevitabile sollecitare l’interessamento diretto delle Sezioni Unite, sia per dirimere il contrasto, già creatosi all’interno della Sezione Lavoro, tra tutte le citate pronunce (2007/2008 e 2013/2014/2015) e quelle pronunciate nel 2017; sia perché la delicatezza della questione richiede la rimessione al Supremo Consesso.

ML: Per quale motivo un architetto o ingegnere dipendente che secondo questa sentenza dovrebbe pagare i contributi derivanti dal suo lavoro di libero professionista a Gestione Separata, dovrebbe a questo punto continuare a versare il 4% a Inarcassa?

CM: Alla luce della Cassazione Cavallaro, il 4% non sarebbe dunque più una forma di contribuzione obbligatoria richiesta da Inarcassa ai propri iscritti con finalità solidaristica e dunque latu sensu previdenziale perché destinata a finanziare comunque la cassa e dunque a contribuire alle esigenze solidaristiche degli iscritti, in una ottica associativa; ma esso diverrebbe, invece, una mera imposizione fiscale illegittimamente pretesa da Inarcassa nei confronti di cittadini tout court, in quanto il relativo pagamento sarebbe preteso da soggetti ritenuti estranei a Inarcassa e ritenuti obbligati unicamente in qualità di iscritti ad Albo, divenendo così una illegittima duplicazione della tassa di iscrizione all’Albo dagli stessi già pagata.

In tal modo Inarcassa, pur essendo un Ente di diritto privato e come tale di natura privatistica associativa, verrebbe a esercitare poteri pubblicistici di prelievo fiscale coatto erga omnes.

Ma ciò non è consentito dal nostro ordinamento (l.509/1994).

ML: Come si potrebbe uscire a Suo avviso da questa empasse? Devono a questo punto architetti e Ingegneri dipendenti rassegnarsi a pagare la contribuzione derivante dalla loro attività di liberi professionisti a Gestione Separata?

CM: A mio avviso la soluzione va trovata all’interno dell’autonomia di scelta dei rispettivi ordinamenti previdenziali privatistici, i quali sono esclusivamente competenti a dettare la disciplina delle figure professionali che essi rappresentano, in applicazione dei principi giuridici sopradetti, eppure ribaditi anche dalla stessa Cassazione Cavallaro.

Quindi, gli ingegneri e gli architetti che svolgono attività libero professionale con iscrizione ad Albo non debbono iscriversi alla cassa dei parrucchieri e degli amministratori di Condominio, e cioè dei lavoratori autonomi senza Albo e senza ente esponenziale nazionale che ha scelto a quale cassa privata affidare la previdenza dei propri iscritti.

E’ Inarcassa, infatti, l’unica Cassa competente a dettarne la disciplina previdenziale, anche in forma negativa e cioè in termini di espressa esclusione, di essi, dall’obbligo di versamento della contribuzione soggettiva.

Sarà dunque solamente Inarcassa l’Ente previdenziale che potrà prevedere, modificando il proprio Statuto e Regolamento, il versamento – facoltativo ovvero obbligatorio – di contribuzione soggettiva anche a carico di soggetti ritenuti finora non tenuti per espressa previsione normativa.

Del resto, ove dovesse esser definitivamente confermato l’obbligo di iscrizione alla GS Inps a carico dei liberi professionisti con Albo, – e quando dico definitivamente mi riferisco anche alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia Europea, essendo, tutti i miei assistiti, determinati ad adire fino all’ultimo grado della giurisdizione esistente -, è evidente che Inarcassa diventerebbe Cassa previdenzialmente incompetente a pretendere alcunché dai predetti e dovrebbe, dunque, restituire il 4% finora percepito a tutti i propri iscritti già titolari di IVS presso altro Fondo, con evidente enorme danno finanziario per la stessa.

Ritengo che il Presidente Santoro saprà valutare appieno le conseguenze disastrose che una tale circostanza determinerebbe alle sue finanze.

Le conclusioni di Marco Lombardini

In merito all’ultima risposta data dall’Avvocato Mestichelli torna utile ricordare che nel Comitato Nazionale Delegati del Giugno 2016 venne discussa e votata la modifica  all’art.7 comma 2-5 dello Statuto relativa ai requisiti di Iscrivibilità, con la quale si sarebbe resa in parte compatibile, secondo criteri temporali e reddituali, l’iscrizione ad Inarcassa con altro Ente previdenziale. Questo non certo per venire incontro a quel lavoratore dipendente pubblico obbligato a svolgere in maniera esclusiva il suo lavoro per l’amministrazione a cui appartiene, quanto per intercettare la trasformazione del sistema di produzione che sempre maggiormente fa ricorso al cosiddetto “lavoro agile”, lavoro tendenzialmente intermittente, diversificato, che può spesso mettere in condizione anche il libero professionista di occuparsi di altro, alla ricerca di una continuità lavorativa che attualmente non corrisponde ad una continuità previdenziale. Argomento questo ancora più valido se si pensa alle giovani carriere, quando l’attività professionale non è ancora consolidata.

E’ evidente che una tale modifica, per quanto parziale, avrebbe risolto molte delle controversie esaminate in questo articolo.

Nel 2016 Il Comitato Nazionale si espresse a larga maggioranza contro tale modifica, individuando in essa una pericolosa breccia attraverso cui far entrare dentro Inarcassa il libero professionista spurio, e quindi far entrare il lavoratore dipendente visto come minaccia da chi esercita esclusivamente la libera professione.

E’ chiaro che queste sentenze, in attesa dei definitivi pronunciamenti delle Sezioni Unite della Suprema Corte (interessate proprio in questi giorni della questione), nonché della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia Europea (che verranno pure a breve investite dello specifico argomento), creando possibili premesse alla rinuncia di qualsivoglia pretesa di Inarcassa nei confronti di questi lavoratori, così come ipotizzato dall’Avvocato Mestichelli, non possono non essere uno stimolo a riaprire il dibattito sul tema dell’Iscrivibilità in termini più inclusivi.

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